Feed RSS

Cento anni con le Terme Santa Venera ad Acireale

Acireale, 27 maggio 1973

CRISTOFORO COSENTINI in Accademia di Scienze Lettere e Belle Arti degli Zelanti e dei Dafnici, Memorie e Rendiconti, serie II – vol.III – Acireale 1973

Gli uomini – come le istituzioni – hanno ciascuno il proprio destino. Io ho avuto, in questi ultimi anni, quello lieto (di certo) di rivivere, con lo studio e con la meditazione, momenti di rilievo particolarmente suggestivi della vita della nostra città. Sono diventato il rievocatore puntualissimo delle occasioni centenarie!

Si vive, a volte, nel presente, con animo proteso esclusivamente verso il domani. E questo accade oggi di frequente. Gli “avanguardisti” sono tanti, e in tutti i settori e le direzioni.

Io, invece (e non sono il solo), pur guardando all’avvenire con speranza, ho amato sempre il passato, dal quale si traggono, a mio avviso, le forze della esperienza e della fede indispensabili per sostenere le amarezze della vita di ogni giorno ed affrontare validamente il futuro. E l’ho amato tanto il passato, da rimpiangere a volte, sotto il peso delle asprezze quotidiane, di non esserne stato uno dei tanti, anche anonimi ed inqualificati, popolatori. Aspirazione ad un rifugio che è sembrato sicuro? Romanticismo? Illusione? Debilità dello spirito? Giudicate come vi pare; ma è così.

Questo pomeriggio desidero rievocare la storia delle Terme Santa Venera con l’animo sempre vivo di un uomo di quel tempo che ricorda fatti ed avvenimenti ed ama conversarne lietamente e con misura.

Il regno d’Italia, giunto nella nostra Isola con le camicie rosse di Garibaldi, aveva portato fino ad Acireale il vento della riscossa liberale, nato dalle ceneri della Rivoluzione francese. Ma le acque – quiete, per tradizione, da noi e sempre rischiarate dalla luce vigorosa della Chiesa – non si erano intorbidate.

L’alfiere della riscossa liberale era, ad Acireale, Lionardo Vigo Calanna – una delle personalità più in vista della città di quel tempo -; e con lui, Michele Calì – giovane avvocato e professore assai erudito -; Francesco Badalà Scudero – spirito ribelle e altero, che si firmava “Fra Ginepro” e che, in un libro assai polemico, intitolato “La cella di Fra Ginepro”, ha lasciato memorie (non sempre serene) delle città del suo tempo -; e altri ancora, ma non molti.

Lionardo Vigo spinse il suo ardore liberale fino al punto di portare la guerra nel cuore medesimo dell’Accademia degli Zelanti, che egli stesso, nel 1834, aveva riformato e condotto a nuova vita. Ciò accadeva nel 1871, proprio nell’anno in cui l’Accademia celebrava il secondo centenario della propria fondazione; e, in quel clima di lotta, con quanta amarezza e delusione io vi lascio immaginare.

Come è noto, il liberalismo, dal ’70 in poi, fu essenzialmente anticlericale; e questo spiega, forse, perchè il Vigo non sopportasse che nell’Accademia – pur fondata dal clero acese – avessero dominanza i preti, raccolti nel gruppo unito ed inespugnabile dei Padri dello Studio. Così, da liberale ” a la page”, sferzava duri colpi alla cieca: “I Padri dello Studio – diceva – sono la cancrena dell’Accademia” e l’Oratorio dei Padri Filippini che li ha educati è il “cimitero dell’intelletto”. “Bisogna lottare finchè avremo mente e braccio” – scriveva a Luigi Capuana . “La barbarie deve rintanarsi all’Orco”. E aggiungeva, solennemente: “Dio è con noi!”. E, nella foga del dire e del colpire (era un grande uomo Lionardo Vigo, ma il fuoco dell’Etna erompeva talora dal suo animo con aggressiva veemenza!) giungeva fino al segno di denunziare l’Accademia degli Zelanti al Ministero degli Interni, proponendone la chiusura: sostenuto nella sua sconsiderata iniziativa dal Sottoprefetto di Acireale, il quale, scrivendo al Prefetto Lanza, gli presentava il Sodalizio degli Zelanti come “una associazione di clericali, arrabbiati contro l’attuale regime politico, capitanati da ex frati dell’Oratorio dei Padri Filippini”.

Una brutta pagina della vita di Acireale!

L’Accademia, tuttavia, non fu toccata. Il Governo liberale – pur massonico ed anticlericale  com’era – dimostrò, nel caso, estrema prudenza e correttezza, comprendendo come dai piccoli centri di provincia provengano a volte accuse esorbitanti e sproporzionate ai fatti. Era meglio quindi archiviare.

L’acredine però rimaneva. Ma per fortuna erano pochi coloro che la fomentavano. La città era sostanzialmente ferma nella sua posizione di fede tradizionale e non si scuoteva. E la prova la dava il 10 novembre 1872, in occasione dell’arrivo del primo Vescovo. Nel pomeriggio di quel giorno, una folle incontenibile accolse, esultante, mons. Genuardi alla Stazione ferroviaria e lo seguì fino in Cattedrale col fremito più vivo e le speranze migliori, dopo lunga e tribolata vigilia.

Onorevole Presidente del Governo della Regione Siciliana, Signor Sindaco, Eccellenze, Onorevoli parlamentari, Autorità, Signore e Signori!

Questo magnifico Stabilimento delle Terme e l’imponente Grand Hotel des Bains – che compiono cent’anni – se fossero sorti a Genova o a Milano sarebbero stati di sicuro (con tutto rispetto, da parte mia, per le due grandi città italiane) la risultante di un calcolo economico di avveduti speculatori, o – quanto meno – l’impresa di una società commerciale, finanziariamente ben piantata. Ad Acireale, invece, cento anni addietro, quelle due opere insigni furono la fulgida espressione della fede di un acese munifico, intelligente e coraggioso, che credeva fermamente in Dio e amava profondamente il prossimo e la sua città come se stesso. “Il Barone Agostino Pennisi di Floristella – scrisse uno dei suoi biografi – non conobbe la gelida aritmetica del calcolo e del tornaconto quanto volle largire alla patria e all’umanità i suoi benefizi. Il suo cuore non fu una cifra. I capitali non ristagnavano giammai nelle sue mani; giovavano sempre alle opere salutari. Egli fu il moralista della finanza e il banchiere della virtù”. Due altre opere grandiose (fra le tante da lui compiute) sono legate alla sua persona e ne testimoniano i sentimenti: il Collegio Pennisi, affidato ai Padri Gesuiti, e l’Ospizio delle Piccole Suore dei Poveri. In entrambe il genio e i sentimenti del barone Agostino Pennisi si rilevarono interi: con il Collegio egli pensava alla educazione culturale e spirituale della gioventù; con l’Ospizio delle Piccole Suore provvedeva per i vecchi i n miseria. Ricordo che all’architetto catanese Carmelo Sciuti Patti, al quale aveva affidato la progettazione dell’edifizio che avrebbe ospitato il Collegio Pennisi, egli prescrisse che questo fosse orientato, nel suo prospetto principale, in direzione della Chiesa Cattedrale, poichè la linea Cattedrale-Collegio Pennisi fosse diritta ed inequivocabile! Potrebbe sembrare la prescrizione di un fanatico professante, che non vedeva al di là dei confini della sua città e di una fede angusta. Invece, la visuale di Agostino Pennisi era assai vasta perchè egli, nonostante le difficoltà dei tempi e dei mezzi di comunicazione, aveva la forza di guardare lontano.

Erede del nome e della tradizione di un casato illustre, fu anche il degnissimo continuatore della passione familiare per le monete antiche che gli rivelavano la civiltà fiorente del passato, accendendo il suo spirito di amore di conoscenza; e gli davano l’occasione di rapporti ed incontri con personalità insigni del mondo della cultura, italiane e straniere. Fu sua anche l’ardita idea di innalzare nel palazzo di abitazione di Acireale un Osservatorio meteorologico fornito dei migliori strumenti e rinomatissimo: il primo Osservatorio della Provincia, più antico di quello Etneo!

Fede e Scienza illuminavano in egual misura lo spirito operoso e costruttivo di Agostino Pennisi; ed egli con l’opera grandiosa delle Terme e del Grand Hotel fece di Acireale, in quel lontano 1873, un centro di interesse internazionale, iscrivendone il nome nel gran libro del mondo.

Le acque solforose, che alimentano ancor oggi le Terme, sorgono, com’è noto, a circa tre chilometri da Acireale, nel territorio di Acicatena, in in luogo ove la leggenda e la storia hanno creato, insieme, il mito. Ivi esistono ancora (e in quale stato miserevole, purtroppo!) i resti di uno stabilimento termale romano del I secolo e tanti altri segni che rivelano la grandiosità del complesso di allora e l’interesse per le acque, che sono ricordate e lodate dagli scrittori coevi. Poi, in quel luogo era stato l’abbandono, e le acque, che anche gli storici successivi esaltavano come miracolose, affioravano ora solamente in qualche modesta pozzanghera gorgogliante e tiepida. Intorno, nel silenzio, la campagna solitaria pareva ricordare e attendere! Una chiesetta, dedicata alla patrona di Acireale, dava il nome alla contrada: Santa Venera al Pozzo! Ivi la Vergine – secondo la fantasia mistica dei Medioevali – avrebbe prestato la sua opera di infermiera; e, dopo il martirio, il capo di lei sarebbe stato gettato nel pozzo, e le acque sarebbero diventate colore del sangue e avrebbero curato tutti i mali!

Naturalmente, non poteva il barone don Agostino, col suo ingegno e la sua cultura, dare inizio alla grande opera della rinascita delle Terme senza conoscere prima, e con esattezza, l’effettivo pregio delle acque. Egli sapeva, invero, che le condizioni climatiche di Acireale – la mitezza della temperatura, la costanza dell’aria, l’asciuttezza del suolo, la serenità del cielo, l’esposizione soleggiata ecc.  – non ricorrevano in egual misura nei centri turistico-termali già esistenti nella Penisola e specialmente nelle terme che utilizzavano acque dello stesso genere di quelle di Acireale. Era però indispensabile conoscere prima i pregi effettivi delle acque acesi. E a tal fine non potevano essere sufficienti per lui – uomo di scienza, nel secolo del positivismo – le testimonianze degli storici e le memorie popolari. Occorrevano le analisi chimiche, e quelle già compiute, sin dal 1811, dal Ferrara, dal Fichera, dal De Gaetani, non dovettero sembrargli bastevoli, se nel 1864 affidò l’incarico di nuove analisi al prof. Ardizzone e al prof. Cannizzaro, i quali gli presentarono relazioni particolareggiate e tali da determinarlo alla realizzazione dell’opera.

Vi era tuttavia la difficoltà – e non lieve – che le acque non erano sue, ma della Congregazione di Carità di Acicatena. Gli ostacoli, però, per una intelligenza volitiva come quella di Agostino Pennisi, era soltanto seduzioni liete. Così, il 2 agosto 1864, egli riusciva ad acquistare dalla suddetta Congregazione (che pur si riservava dei diritti) tutte le acque solforose esistenti in Santa Venera al Pozzo.

La Congregazione di Carità si riservava in particolare di mantenere nel luogo delle sorgenti due vasche onde permettere nell’una di bagnarsi e nell’altra di attingere acque a chiunque del Comune di Acicatena ne avesse bisogno, dietro pagamento di centesimi tredici per ogni bagno o per ogni “carico” d’acqua (il carico corrisponde, come è noto, a litri 68,800). In seguito, giudicate quelle vasche dannose alla salute pubblica perchè poco igieniche, la Congregazione di Carità di Acicatena, con atto del 25 luglio 1895, rinunziava ai diritti su di esse, ottenendo per i poveri del Comune forniti di apposito certificato la possibilità di prendere i bagni nello Stabilimento di Acireale e di prelevare sino a tre “carichi” di acqua al giorno.

Perfezionato l’acquisto della sorgente, Agostino Pennisi diede subito inizio ai vari lavori, pensando, oltre che alle opere di convogliamento e di conduttura delle acque, allo Stabilimento delle Terme e a un Grande Albergo, che nella sua mente di vero signore non potevano non essere grandiosi, anche per soddisfare i bisogni dei frequentatori, specie di quelli stranieri particolarmente esigenti.

L’area per tali due opere la scelse in un terreno di sua proprietà, che era allora ai margini di Acireale (proprio qui dove adesso ci troviamo), nei pressi del luogo ove nel 1866 sarebbe sorta la Stazione ferroviaria e giunto il primo treno. E l’incarico per la progettazione dell’edifizio delle Terme e del Grand Hotel lo diede, nel 1868, all’insigne architetto fiorentino Mariano Falcini, chiamato appositamente ad Acireale. A Catania ve n’erano, in quel tempo, di qualificati architetti. Ma il barone di Floristella, chiamando il Falcini, volle forse che la sua Acireale superasse anche per questa via il suo angusto isolazionismo provinciale. Al Falcini il barone fece pure disegnare il prospetto, monumentale, della sua casa di abitazione di Piazza San Sebastiano.

Cinque anni intensi di lavori portarono le varie opere a compimento: a Santa Venera la Pozzo, la costruzione di un tempietto nel luogo della sorgente; e per tre chilometri circa, da Santa Venera al pozzo ad Acireale, la conduttura in argilla, chiusa ermeticamente, in modo che l’acqua non perdesse nessuno dei suoi principi mineralizzatori, aeriformi e salini. E poi, ad Acireale, il grandioso Stabilimento delle Terme che fin d’allora dal lato del mare si presentava, con i suoi quattro piani, come un castello incantato, protetto da una grande statua di Santa Venera benedicente, dal volto bellissimo di fanciulla siciliana; e da ponente appariva come un tempio di Atena della Salute, ridente nel verde di un giardino all’inglese con ampi viali, comodissimi sedili, statue di marmo, chioschi, gabbie di uccelli, e con lusso ed eleganza tali da produrre la migliore impressione. E ancora, di fronte, nell’ampia spianata, il Grand Hotel, a tre piani, con le sue cento stanze riccamente addobbate e riscaldate:  “una magnifica casa di salute – disse un illustre medico italiano – un albergo di primissimo ordine, fornitori di tutto quello che il più ricco forestiero può desiderare”.

Gestore dell’Albergo fu per molti anni il signor Giovanni Nobile, un vero esperto del mestiere, proprietario di un albergo a Napoli; mentre la direzione generale dell’impianto dello Stabilimento delle Terme venne data al dott. Giuseppe Grassi Russo, al quale il barone raccomandò che fosse tale da soddisfare tutte le esigenze dei tempi. Il dott. Grassi Russo fu anche il primo direttore sanitario delle Terme e fu pure sindaco di Acireale (il sindaco “Sole”) dal 1876 al 1879.

Nel 1871 la conduttura era già ultimata, e il barone, non contento delle analisi chimiche già avute, ne richiedeva ancora altre al prof. Orazio Silvestri dell’Università di Catania, anche allo scopo di sapere se le acque perdessero, nel loro corso, principi mineralizzatori essenziali. L’analisi del Silvestri durò dieci mesi e fu un trionfo. L’acqua rivelava, tanto alla fonte che al termine del percorso, virtù eccezionali e rare. “Passando in rivista la statistica delle acque minerali italiane – scriveva il Silvestri in un punto della sua relazione – non trovasi altri esempi ben conosciuti a cui si possa paragonare l’acqua minerale di Santa Venera”. Il grande barone aveva vinto. Come Vichy di Napoleone III e Bagni di Lucca della Contessa Matilde, Acireale di Agostino Pennisi di Floristella entrava definitivamente nell storia delle stazioni termali di Europa.

E a che cosa non pensava il grande barone! Alla Esposizione Universale di Vienna, inaugurata il 1 maggio 1873 – proprio lo stesso giorno nel quale furono aperte al pubblico queste Terme – nel padiglione italiano facevano stupenda mostra di sè una bottiglia di acqua delle Terme di Acireale, con l’analisi eseguita dal Prof. Silvestri, e bellissime fotografie dello Stabilimento dei Bagni e del Grande Albergo. Quello stesso anno si ebbero 315 presenze. Il barone aveva provveduto financo a fare istituire un treno speciale Catania-Acireale e ritorno, ad uso dei frequentatori delle Terme!

Lo Stabilimento era dotato di oltre sessanta vasche di marmo bianchissimo sistemate in comode stanze arredate con eleganza. In ogni vasca si sarebbe potuto avere a piacere del richiedente acqua calda e fredda, dolce e minerale, per mezzo di “cannelle metalliche”. E non mancava inoltre un congegno per produrre dall’alto una pioggia fredda o un getto d’acqua che si sarebbe potuto utilizzare come doccia.

Lo Stabilimento era anche fornito di apparecchi di idroterapia e di un ingegnoso ed elegante meccanismo destinato a quegli infermi che non potevano far uso delle proprie gambe (una specie di ascensore!). I bagni potevano essere profumati, aromatici, a vapore, russi, ecc. Ce n’erano per tutti i gusti!

L’acqua – solfurea, carbonica, salino, iodica, secondo l’analisi del Silvestri – riusciva utile per la cura di parecchi mali: reumatici, gottosi, di pelle, uterini. venerei, degli organi respiratori e addominali ed anche del sistema nervoso; e i risultati, già dai primi mesi di apertura dello Stabilimento, furono rilevanti. La stampa era unanime nell’entusiasmo e i frequentatori delle Terme altrettanto. “Lo stabilimento dei bagni termo-minerali delle acque di Santa Venera – scriveva un giornale – come anche il Grande Albergo, sono già stati aperti al pubblico servizio, attirando l’ammirazione di tutti coloro che han visitati sì maestosi edifizi. La più cara delle nostre aspirazioni, il più fervido dei nostri voti, quello cioè di vedere raccolte le preziose acque in apposito locale, è ormai diventato un fatto. In nome dell’umanità sofferente, in nome d’ogni ceto di persone della nostra cittadinanza, facciamo sinceri elogi all’egregio proprietario signor barone di Floristella, il cui nome ci suona caro e venerando, per aver dotato il paese di sì grande benefizio, aprendogli una nuove fonte di vitalità, innalzando a se stesso una fama imperitura, splendida, vera”.

Nel giornale “Il Cittadino” dei giorni 21 giugno, 15 e 30 luglio, e del 20 agosto 1873 sono riportare lettere assai lusinghiere ed entusiastiche del senatore principae di Torremuzza, dei proff. Cervello e Pantaleo della Facoltà medica dell’Università di Palermo, del barone Francesco Beneventano, dell’ing. Caninò e di altri.

Il 26 luglio di quello stesso 1873 di letizia giunge alle Terme Menotti Garibaldi, e l’impressione che ne trae è stupenda.

Quell’opera grandiosa e ammirevole era costata al  barone oltre un milione e mezzo di lire (circa un miliardo di oggi!). Una somma spesa per l’umanità sofferente e il progresso di Acireale, con animo del tutto alieno da idee di guadagno, non dimenticando mai i poveri, ai quali erano ammessi gratuitamente nello Stabilimento. Eppure allora non si avevano contribuit nè dello Stato nè di altri Enti, e comunque il barone non li avrebbe chiuesti. Non sarebbe stato nel suo stile!

Per avere una nozione concreta di quel che volesse dire a quei tempi affrontare una spesa di un milione e più, bisogna riportarsi al potere di acquisto che aveva la lira di allora; di cui, per restare nel tema, possono darci chiara idea i prezzi praticati all’Hotel des Bains e alle Terme nella stagione 1874.

Dèjeuner. Per una lira si aveva: pane, salame o due uova, e mezza bottiglia di vino. Per una lira e mezzo: pane e butto, salame, due uova, mezza bottiglia di vino. Per tre lire: pane, piattini di rinforzo, due piatti di cucina a scelta, formaggio, frutta, una bottiglia di vino e un caffè nero. Per quattro lire e mezzo: piattini di rinforzo, zuppa in brodo o maccheroni, tre piatti di cucina, uno di legume, un dolce, frutta, formaggio, pane e una bottiglia di vino!

Per la pensione, con sei lire al giorno si aveva una camera ad un letto, al terzo piano, con servizio, un lume (la luce elettrica ad Acireale ancora non c’era!), la colazione di caffè e latte e di pane e burro, il pranzo di zuppa o maccheroni, e inoltre due piatti di cucina e pane, vino, frutta e piattini. Per dodici lire non vi dico che cosa si aveva!

L’amico dott. Giovanni Trischitta, direttore sanitario di queste Terme e rigorosissimo dietologo, sarebbe inorridito se fosse stato qui ad ascoltare queste cose.

Ma era così: italiani e stranieri trovavano ad Acireale sollievo su ogni fronte! Non solo alle Terme, ma anche a tavola!

Quanto ai bagni, quelli di prima classe costavano due lire; quelli di seconda, una lira e cinquanta; e coloro che acquistavano trenta biglietti avevano diritto a trentadue bagni.

Ora, nei mesi in cui lo Stabilimento rimaneva aperto – cioè da maggio a settembre – Acireale risuonava della voce di forestieri di ogni regione d’Italia e di stranieri venuti dalla Germania, Austria, Inghilterra, Russia, Danimarca, Polonia, Francia e perfino dall’America, dove il corrispondente del giornale “The American Register” aveva diffuso un suo entusiastico servizio: “Detto questa lettera – scriveva quel giornalista – seduto sopra una rupe, seicento piedi sul livello dell’azzurro Mediterraneo, sotto il ciglione dell’Etna. Qui, da tre lati circondati da boschetti di limoni carichi di frutti dorati, sono situati il Grande Albergo dei Bagni…., il più confortevole e il più quieto albergo in tutta Italia, e il più sontuoso Stabilimento dei Bagni”.

Così la voce del grandioso albergo e del provvido Stabilimento delle Terme si diffondeva sempre più largamente per il mondo. Al Congresso medico riunito in uno di quegli anni a Graz, il prof. Joris, esaltando le acque termali acesi e il clima della città, esortava i duemila medici convenuti a consigliare quei bagni e quel soggiorno ai loro clienti, anche nella stagione invernale. E Lionardo Vigo, sempre acese, anche se ribelle e mangia preti, dichiarava in quella occasione “gratitudine, amore, ammirazione” al prof. Joris che come “tromba che annunzi una grande verità” (Vigo scriveva così) aveva fatto conoscere meglio alla intera Europa “il tesoro della salute per l’umanità sofferente”.

Nel settembre del 1875 due ospiti illustri onorarono il Grand Hotel e le Terme: Ruggero Bonghi, allora ministro della Pubblica Istruzione, ed Ernesto Renan, non ancora Accademico di Francia, ma già autore della “Vita di Gesù” e fedele seguace del più stretto positivismo razionalistico.

Le accoglienze rivolte ai due uomini insigni furono grandi. Evviva, battimani, rinfreschi. “Un gran popolo – dice il cronista dell’avvenimento – rimasto ad aspettare buonissima parte della notte (davanti al Grand Hotel) acclamò ripetutamente il ministro e lo scienziato”. Anche la banda cittadina suonò per i due le marce di occasione, ed una viva illuminazione – a lumi di petrolio – rischiarò a giorno il piazzale del Grand Hotel.

Di certo, il Vescovo mons. Genuardi era desolato alla notizia di quegli “evviva”. Renan era l’anti-Cristo parlante per la Chiesa di allora, e il Vescovo acese non transigeva. Egli giunse fino al punto di minaccaire la scomunica maggiore a tutti coloro che avessero stretto la mano al Renan! Anche nell’Accademia degli Zelanti le acque si mossero per un momento, perchè si fece proposta – da parte di alcuni- di ammetere il Renan fra i soci d’onore del Sodalizio. Il tentativo, però, fallì miseramente, suscitando l’indignazione dei soci liberali, quali ad esempio il Badalà Scudero (“Fra Ginepro” per intenderci”) il quale, commentando l’avvenimento scriveva nel giornale “Vespaio”: “Oh Accademia delle zucche! Oh zucche dell’Accademia!”.

Nel gran libro dei conti della vita di Acireale turistico-termale vi erano ora anche queste partite. In seguito ve ne saranno altre. E’ il progresso che fa tanto!

L’agitazione determinata dalla visita di Renan fu per fortuna soltanto di pochi giorni, perchè la gente pensò prestissimo ad altro. E le occasioni non mancavano.

L’8 dicembre 1875 veniva inaugurato il Collegio San Michele: una nuova via per la fede e la cultura, che nel corso degli anni avrebbe sempre meglio dimostrato la sua salda e fulgida consistenza.

Ma sono pure le Terme e il Grande Albergo che richiamano l’attenzione.

Negli ulitmi giorni di marzo del 1879 “un inglesino coi baffetti biondo-cinerei, pallido in faccia, incilindrato e inguantato bene” (lo descrive così un cronista) nel breve tempo che dimorò al Grand Hotel “giocò un brutto tiro alle nostre due banche e al cambiavalute signor Salvatore Todero, dando loro delle sedicenti banconote inglesi che furono rionosciute poi per false”. E scappò in tempo, prima di essere acciuffato! Fatterelli marginali che rientravano nel complesso termale della vita acese di quegli anni dominati, peraltro, dalla eruzione dell’Etna e dalle elezioni politiche che portarono per la prima volta alla Camera dei Deputati l’avv. Giambartolo Romeo, largamente apprezzato dalla cittadinanza e benemerito – da parlamentare – di tante opere insigni, fra le quali la istituzione del nostro Liceo classico.

Nel 1880 il grande prof. Arnaldo Cantani, direttore della Clinica medica dell’Università di Napoli, pubblicava un suo scritto su “Acireale come stazione climatica e luogo di bagni”, esaltando il clima della città e i pregi delle acque termali e indicando i casi nei quali esse riuscivano di giovamento.

L’anno dopo sono sempre le Terme e il Grand Hotel in primo piano. Il 17 gennaio 1881 giuungono ad Acireale il re (era allora Umberto I, dai baffi solenni e dalla infinità bontà) el a Regina (la bellissima Margherita), seguiti dal principino di Napoli (il futuro Vittorio Emanuele III), che aveva appena dodici anni, dal Duca di Aosta, Amedeo Ferdinando Maria, dall’On. Benedetto Cairoli, presidente del Consiglio dei Ministri, dal prof. Antonino Salinas, insigne archeologo e fondatore del Museo nazionale di Palermo, e da altri. Il Grande Albergo dei Bagni li accolse come una reggia.

L’entusiasmo della città era indescrivibile. “Un sontuoso soglio ricco di arazzi, velluti, fiori e bandiere era stato innalzato parallelamente al treno. Intorno ad esso presero posto le autorità e le rappresentanze del paese colle bandiere. Molte distinte signore e signorine erano venute ad ossequiare l’augusta Regina e fra le quali parecchie russe e tedesche” (ad Acireale per i bagni).

All’incontro solenne mancava – purtroppo – Lionardo Vigo. Lo storico e poeta insigne era morto il 14 aprile di due anni prima.

Dal padiglione, riccamente addobbato, per un leggero piano inclinato si entrava al Grande Albergo (Il padiglione era stato innalzato sul disegno di quattro ingegneri cittadini: Carlo Cucuccio, Paolo Grassi Vigo, Angelo Messa, Mariano Panebianco. La spesa complessiva per tutte le opere allestite alla Stazione ferroviaria era stata di circa ottomila lire. Quale somma per allora!).

I sovrani si affacciarono al balcone “per ben tre volte”, salutando la popolazione plaudente.

Una visita indimenticabile.

In quel giorno solenne, il barone di Floristella (come scrisse il suo biografo), “fu tutto pel decoro e per l’onore della nostra città”.

“ISovrani ed i Principi reali – si legge in una cronaca dell’avvenimento – conoscevano di nome e di fama il benefico barone; rimasero con lui; accolsero i suoi presenti; lodarono le sue opere. Sua Maestà il re con S.A.R. il Duca d’Aosta ed il seguito dei dignitari occupò (al Grand Hotel) una delle grandi sale. La Regina, con sua Altezza il Principe ereditario e il corteggio delle dame, si stanziò nell’altra contigua (Anche in quella occasione gli uomini rimasero separati dalle donne! Voleva forse così il cerimoniale; ma lo esigeva di certo il costume del tempo!). Il signor barone di Floristella, presentava al Re un album di raso bianco ricamato in oro contenente una larga serie di fotografie delle vedute delle Terme di Santa Venera, della città di Acireael, dei monumenti e dei dintorni della stessa (erano venti bellissime fotografie). Aggiungeva a questo dono la Guida dello Stabilimento dei Bagni, legata in pelle, e l’analisi delle acque balneariu, legata in marocchino”.

Il Re, accogliendo affabilmente quel dono, si mostrò lieto di far la conoscenza del filantropo barone, noto a lui per fama; e gli rivolse il più lusinghiero degli encomi: “Barone – egli disse – Voi avete veramente a cuore la patria e spendete tesori per Acireale”. “Maestà – rispose il barone – l’onore che ricevo quest’oggi mi rinfranca di qualunque spesa”.

L’onore – allora – rinfrancava di tutto. In seguito ciò non parve più interamente vero. Oggi, poi, l’onore come si dice, non c’entrerebbe affatto!

“I Monarchi della filantropia – conclude il cronista di quella indimenticabile giornata – onorarono di speciale considerazione il magnate illustre”. E in quel Grande Albergo dei Bagni, famoso e degno di ospitare anche i Re, si scriveva una pagina insigne della storia di Acireale.

Tempi lieti veramente quelli! Nella cartoleria Sardella, cento biglietti di visita costavano una lira e mezzo. La Farmacia-Drogheria di Giuseppe Daniele Lione raccomandava a tutti i calvi, con solenne entusiasmo, l'”Eucrinite” del dott. Thomas Clark come rimedio mirabile e infallibile per la crescita dei capelli. Ma v’era ancora dell’altro di più importante (e non dico delle correnti di idee e degli affari intricati, piccoli e grandi, di municipio e di sagfrestia): l’ing. Gabelli aveva redatto un progetto per la costruzione – nientemeno – di una galleria sotto lo Stretto di Messina! I proprietari acesi gioivano: i prodotti del loro suolo avrebbero trovato via libera al passaggio dello Stretto. Erano novità esplosive che scuotevano anche gli spiriti più addormentati. Ma il vero colpo emotivo fu per la nostra città di quegli anni – dopo la venuta del Re – l’arrivo al Grand Hotel e alle Terme di Riccardo Wagner con moglie, figli e seguito. L’esultanza di tutti era grande. La musica aveva sempre ammaliato l’animo dei nostri avi. Il Teatro Bellini, inaugurato nel 1870 dalla voce affascinante del soprano Emma Albani, era assai frequentato. Ogni anno il cartellone era di grido. E inoltre sul “Ciunque oro” i concerti di un complesso bandistico rinomatissimo davano brividi di arcana felicità.

Wagner sgiunse ad Acireale nella seconda metà di marzo del 1882 e ne ripartì nei primi giorni di aprile. Il desiderio di trovare un ambiente quieto e salutare, adatto alla convalescenza del figlio Sigfrido che a Palermo aveva preso il paratifo, i gravi mali dei suoi 69 anni e la speranza di poterli lenire nelle acque delle Terme…Il grande Maestro giunse nella nostra città col più vivo entusiasmo. E il soggiorno fu per lui quanto mai lieto.

Il Grand Hotel lo accolse con attenzioni particolari. La sua stanza di studio si apriva sul giardino ricco di piante rare e di fiori. La primavera esultava. Nel parco delle Terme Wagner rivedeva la lontana giovinezza.

Si dice che il Maestro abbia rifinito ad Acireale il suo Parsifal. Pare vero, invece, che egli abbia aggiunto o modificato in quella sua opera la grande pagina nota come “L’incantesimo del Venerdì Santo” che egli visse quell’anno nella nostra città, assistendo alla celebre processione. Mons. Genuardi concesse a Sigfrido, appena tredicenne, di assistere alle funzioni della Settimana Santa dagli scanni dei canonici della Cattedrale.

Una notte, poi, quaranta bravissimi musicisti acesi, diretti dal Maestro Rosario La Rosa, dedicarono a Wagner una serenata, e il grande Maestro apprezzò molto l’omaggio, ringraziando con un suo biglietto.

Il 31 marzo, ricevimento al palazzo Floristella per la visita al famoso monetario. Poi la partenza, alla quale il barone di Floristella non potè assistere: “Impossibilitato d’ossequiare di presenza l’illustre Maestro Wagner e famiglia – egli scrisse – auguro felice il viaggio, grato per avere la città di Acireale e me stesso con il loro soggiorno onorato”.

Nel 1883, Wagner moriva a Venezia. Il mare e il cielo della laguna non erano di certo quelli di Acireale, ove egli aveva ritrovato la speranza. Il sogno invero era stato breve, Ma, pur se brevi, i sogni arricchiscono sempre la vita, anche quella dei Geni, perchè, nel fondo della loro anima, vi sono i medesimi desideri umani di tutti gli altri mortali!

Dopo il 1882 per le Terme ed il Grand Hotel viene il tempo della continuazione, punteggiato, come sempre è accadeuto in questo mondo, di avvenimenti ora lieti, ora tristi, insignificanti od opachi. Fra le cose tristi, un incendo nel Grand Hotel, il 18 giugno dello stesso 1882, provocato – come dice un giornale del tempo – da “un briccone che là dentro aveva pane e lavoro”.

Lo stesso anno era ospite dell’Albergo l’insigne clinico napoletano prof. Cardarelli, venuto per visitare il senatore Leonardo Vigo Fuccio, morto poi nel dicembre. Cardarelli non era mai stato ad Acireale e rimase incantato dalle bellezze della nostra città che definiva “molto più brillante di quel ch’egli ne aveva inteso parlare”.

Le elezioni politiche del 29 ottobre di quel medesimo anno avevano confermato alla Camera dei Deputati l’on. Giambartolo Romeo insieme con De Pretis e Cordova. Ma il De Pretis optava per Pavia e nelle elezioni suppletive si presentava candidato l’acese don Michele Grassi Pasini. Le elezioni furono però annullate e il Grassi Pasini entrò in Parlamento nel marzo del 1884, in seguito ad altre elezioni.

Il 27 luglio dello stesso 1884 si svolgevano le elezioni amministrative e (viva l’entusiasmo degli acesi!) su novecento elettori (gli elettori erano novecento, nonostante la popolazione fosse costituita di circa 37.000 abitanti; ma il suffragio universale ancora non vigeva) su novecento elettori – dicevo – parteciparaono alle elezioni appena 126 iscritti!

Il 1 settembre, sempre del 1884, veniva aperto il Regio Liceo Classico Gulli e Pennisi. Un grande avvenimento! Contemporaneamente, le Terme e il Grand Hotel tengono fermo sul loro piano di rilievo. Il 7 agosto 1885 il settimanale cittadino “La Patria” dichiarava con compiacimento che i “bagnanti dello Stabilimento termo-minerale erano in numero straordinario, forse tale che mai, dacchè è aperto al pubblico, si è raggiunto”. Sette giorni dopo lo stesso giornale, listato tutto a nero, annunziava, con profondo dolore, la morte tanto prematura del barone Agostino Pennisi di Floristella. Il grande barone aveva appena 53 anni!

Con la sua morte si chiudeva tutta un’epoca per Acireale. Le grandiose opere da lui compiute con immenso coraggio, con fede, con signorilità e con mezzi finanziari personali non troveranno continuatori. “Pallida morte – fu scritto nel necrologio – godi dell’opera tua se credi, ma ti accorgerai ben presto che Agostino Pennisi non può morire. Egli vive nelle sue opere e vivrà a lungo nel cuore dei suoi concittadini”. Ed era vero!

In quell’anno triste anche il Grande Albergo subì una crisi: fu infatti chiuso; e sembrò la fine. Nell’annunzio dato, sin dallo aprile del 1886, della imminente riapertura dello Stabilimento termale, non si parla infatti del Grand Hotel des Bains: “Nella città di 37.000 abitanti – si dice – vi sono locande, casette mobigliate, trattorie, caffè, e si spende poco”.

ra soltanto “locande e casette mobigliate”! e fra queste l’Albergo Ruggero, trasferito da poco in piazza Duomo. L’età dello splendore sembrava finita.

Fu però per poco, perchè nel luglio di quello stesso anno il Grand Hotel riapre, e arrivano i primi forestieri.

Il barone don Agostino, morendo, aveva lasciato il grandioso palazzo che ospitava l’Albergo al figlio Angelo, marchese di Sant’Alfano, e le Terme al primogenito Salvatore.

Il marchese di Sant’Alfano operò molte modifiche a vantaggio dell’Albergo, ma ne ridusse l’ampiezza, utilizzando parte di esso a propria abitazione.

Alle Terme, il barone don Salvatore aveva ora come proprio fiduciario il signor Antonino Valerio che ne reggeva bene le sori. E la frequenza – notevolissima – dimostrava il persistente apprezzamento delle acque. “La mattina – si legge in un foglio del tempo – prima ancora che il primo raggio di sole spunti dal seno del mare, là, in quel magnifico Giardino dei Bagni di Santa Venera, in mezzo ai viali, sotto gli ombrosi pergolati, vicino ai cespugli di rose e alle acque zampillanti, nelle eleganti sale dello Stabilimento, nei corriodi e sui terrazzi, vedi matrone ed uomini attempati, fanciulle vispe come gli uccelli che scherzano sul verde e giovani attillati, a gruppi di quattro, di sei, di otto, riuniti, (non c’erano – dunque – soltanto vecchi accatarrati aggranchiati e gottoso, ma anche fanciulle vispe come gli uccelli e giovinotti attillati!) che ciarlano, ridono, schiamazzano, aspettano impazienti un po’ di sgombro per potersi alla loro volta bagnare. Passa mezz’ora, un’ora e mezzo si è ancora lì ad aspettare, perchè i posti sono tutti occupati, perchè, dopo i primi, altri hanno la precedenza, perchè infine il concorso è incessante e sì la prima che la seconda e la terza classe sono inondate di bagnanti.

Anche il Grand Hotel des Bains trovasi sufficientemente popolato da cospicue personalità dell’Isola e fuori, le quali si mostrano soddisfatte della pulitezza e comodità che vi trovano, del modo come vengono servite e dei prezzi discreti che si pagano, avuto riguardo all’importanza dell’Albergo”.

I forestieri, nelle settimane di riposo che trascorrevano ad Acireale, trovavano anche modo di assistere alla rappresentazione di opere liriche, con artisti di vaglia, di “operette” di recentissima produzione (le indimenticabili “operette”, oggi quasi del tutto scomparse dalle scene italiane), di spettacoli di prosa. Era una vera gioia per lo spirito!

Il Vescovo Genuardi sorvegliava attentamente e, quando le cose andavano male in fatto di costumi, interveniva con la forza e l’autorità che gli erano proprie. La città conservava, infatti, la sua inconfondibile impronta ecclesiale, che la conduceva, sulla linea della fede, a protestare contro ogni atto non conforme, come ad esempio (nel novembre del 1884) quello dell’ing.prof. Paolo Grassi Vigo, il quale aveva inviato una rappresentanza del Circolo Galatea, da lui presieduto, al comizio anticlericale tenutosi a Catania. La maggior parte dei soci dettero allora al Grassi Vigo il voto di sfiducia, dimettendosi poi in gran numero.

Anche nel Consiglio Comunale, la rappresentanza cattolica, quando non fu maggioranza, trovò sempre modo di farsi valere: “Il nostro Consiglio comunale – rilevava il giornale “Il Cittadino” – brilla per…l’assenza dei consiglieri, i quali hanno fatto sciopero. Pero, bisogna confessare che le sedute sono state abbastanza illuminate. Di fatti, l’altra sera, abbiamo contato nel palazzo comunale otto consiglieri e sedici lumi a petrolio! Al Sindaco, ci permettiamo di proporre uno specifico infallibile per farli correre compatti alle sedute: metta nell’ordine del giorno la demolizione dell’Oratorio dei Padri Filippini ed allora canterà col barbiere di Siviglia: “ohimè che furia, ohimè che folla!”.

Facezie!

Di particolare impegno era in quegli anni per gli amministratori della città il problema della istituzione del carcere penitenziario, che si sarebbe dovuto impiantare – nientemeno – nei locali del convento di San Biagio (chiesa compresa). Il diavolo aveva proprio messo la sua coda in quella proposta: l’opposizione fu irriducibile, e del carcere non si fece niente.

Nello stesso torno di anni fervono le opere pubbliche e il bilancio comunale si appesantisce. Risorge il problema dei maceratoi a Capomulini e dell’acqua potabile. La pubblica istruzione è oggetto di particolare riguardo. Riapre la Biblioteca Zelantea, diretta ora dal can. Vincenzo Raciti Romeo, un benemerito della storia e della cultura cittadina, meritevole di ben altra menzione. Il preside del Regio Ginnasio, prof. Giuseppe Coco, fa conoscere le sue “Tragedie”. Ma si trattava soltanto di un volume in ottavo di pagine 526, che si vendeva al prezzo di lire quattro. Sardella propagandava con successo la sua fabbrica di sedie e mobili, di legno curvato a vapore. Le sedie tipo Vienna verranno dopo. E Sebastiano Castro Librando proponeva parafulmini sicurissimi e infallibili, nonchè un tipo eccezionale di soneria elettrica – di sua fabbricazione – al prezzo di lire dieci e cinquanta. franca di porto e d’imballaggio. Orlando Bonfigli (di Riposto) faceva conoscere anche ad Acireale un tipo di casa antisismica in ferro e in legno. Una specie di botte di Diogene! La “Banca di Acireale”, sotto l’alta tutela dell’on. Michele Grassi Pasini, era ricca di clienti e di fiducia. Avevano inizio i lavori per la costruzione del secondo campanile del Duomo (quello del lato nord) a spese del Municipio. Il vescovo Genuardi istituiva le Cooperative di consumo per distribuire i generi di prima necessità al prezzo di costo. E quante altre cose!

Tuttavia, in quel tempo che sembrava di luce, Acireale era insidiata dai primi segni del terribile male che da vari anni travagliava l’Italia: il colera. I morti furono da noi 83, di cui 20 in città. Le Terme e il Grand Hotel continuarono, ciò malgrado, la loro attività, difendendosi alla meglio.

Nel novembre del 1888 un avvenimento di rilievo fa rivivere in città il ricordo e il nome del barone di Floristella: la inaugurazione del Collegio Pennisi da lui voluto e che pensava di intitolare al figlio Antonio morto giovinetto nel 1883. Il Collegio fu invece intitolato ad Agostino Pennisi, ricordando così per sempre il nome di quell’Uomo cui tutti ancora tributavano omaggio di affetto e di gratitudine.

Col 1 luglio 1893 il dottor Giuseppe Grassi Russo lascia la direzione sanitaria delle Terme: ma lo Stabilimento è ormai bene avviato e prosegue sicuro per la sua via. Un quotidiano di Malta – “Il Risorgimento” – nel numero del 18 giugno 1895, contiene apprezzamenti lusinghieri sulle acque e sui servii, che rivelano la piena efficienza del complesso termale acese.

Nell’aprile del 1899 un importante convegno di giornalisti esteri trova ospitalità nella grandiosa terrazza dello Stabilimento dei Bagni, ove è costruito un immenso padiglione. Il saluto è dato agli ospiti dal prof. Mariano Parlato che parla in francese; ma più che dei discorsi e del menu di eccezioni, i convenuti portano il ricordo indimenticabile del luogo e della città e ne diffusero con i loro scritti la rinomanza.

Il 1900 segna nel turismo siciliano la progressiva affermazione di Taormina, auspice anche l’imperatore Guglielmo che all’Hotel Timeo soggiornava come a casa propria. E di certo anche Acireale ne risente. Tanti forestieri venivano ad Acireale per godersi la pace e le comodità del Grand Hotel, anche senza prendere bagni. Ora Taormina riduceva il loro numero.

Poi venne la Grande Guerra Mondiale. E la vita dell’Europa si arresta. Si muore e si piange, e non c’è tempo per altro. Dopo, i disordini. ma il Grand Hotel riapre, gestito da un palermitano – il signor Silenzi – al quale nel 1920 subentra il signor Sebastiano Leonardi (comproprietario dell’omonimo pastificio) che è rappresentato dal cav. Giuseppe Longo nell’amministrazione dell’albergo, il cui direttore è il signor Grippaldi.

Il Longo (la cui recentissima scomparsa vela di tristezza nell’animo di noi amici) rimise a nuovo l’Albergo con intrepida intelligenza e fervida perseveranza, dotandolo dei più moderni mezzi di conforto; e la ripresa fu immediata e cospicua. Nel 1937 il turismo acese registrava presenze di forestieri mai prima avute, e nel libro dei visitatori gli apprezzamenti sono espressi in termini di entusiasmo. Margherita Gunther era la bella e intelligente direttrice dell’Albergo.

Il cav. Longo lasciò il Grand Hotel il 31 dicembre 1937. Gli succedette il capitano Nicola Giuffrida, coadiuvato dalla distinta signorina Gretter Pattis. Ma fu per poco: la guerra, infatti, portò il disastro: l’occupazione dei tedeschi prima e poi la spoliazione dei saccheggiatori locali, nei giorni della disfatta e, in seguito, la presenza dei militari alleati mortificarono sino alla estrema desolazione il Grand Hotel des Bains.

Era veramente la fine. L’Albergo fu infatti chiuso definitivamente.

Le Terme, nello stesso torno di anni, non vissero certo di abbondanza, nonostante l’impegno degli amministratori. Dal 1922 al 1952 ne fu direttore tecnico-sanitario l’acese dottor Michele Sciacca, assai intelligente, ben preparato e benemerito promotore di tante fervide iniziative che consentirono allo Stabilimento di assolvere i suoi compiti nel modo migliore. La sorgente e la conduttura furono continuamente sorvegliate e le acque oggetto di una interessante analisi del prof. Nasini (direttore dell’Istituto di Chimica dell’Università di Pisa), che vi scoprì rilevanti poteri radioattivi. Le pareti delle stanze da bagno furono rivestite con mattonelle di maiolica per evitare che l’idrogeno solforato, combinandosi con la calce, le annerisse. I serbatoi furono coperti e lo Stabilimento fu dotato di acqua potabile, di luce elettrica e di termosifoni. Opere, queste, veramente ingenti, se si pensa che le relative spese erano sostenute dalla iniziativa privata; e nel primo decennio – sino, cioè, al 1930 – dal medesimo signor Sebastiano Leonardi, che gestiva contemporaneamente il Grande Albergo.

Tuttavia, pur conte tante iniziative da parte degli amministratori, la frequenza in quegli anni non fu eccezionale e la gestione perfino in deficit- Intorno al 1930, la eliminazione del passaggio a livello ferroviario e la costruzione della nuova strada (l’attuale via delle Terme) col ponte sulla ferrovia, mutilarono il solenne ingresso dello Stabilimento, che oggi possiamo ammirare soltanto in qualche superstite fotografia. Era un segno esteriore che contribuiva a ridurre il decoro. Ma più gravi erano i segni interni. Dopo la gestione Leonardi, i Floristella continuarono a dare tanto del proprio, ma non potevano far fronte a tutto. Le Terme a un certo momento diventarono per loro un peso, e di non lieve entità. Fu così che si rivolsero alla Regione Siciliana di recente istituzione; e con l’intervento della Regione sono ritornati per le Terme Santa Venera i tempi d’oro.

Lo Stabilimento è stato ampliato nelle due ali di nord e di sud e interamente rimodernato. E’ stato costruito un nuovo vasto salone di rappresentanza; il parco è stato ampliato e sistemato. Sono stati cambiati gli impianti di distribuzione dell’acque, le vasche e le condutture da Santa Venera al Pozzo ad Acireale. Ora sono in corso avanzato di costruzione: un albergo, annesso allo Stabilimento e capace di centodieci posti letto, un campo da tennis, gli uffici amministrativi, una strada di collegamento fra la Panoramica di Acireale e il parco dello Stabilimento. Vi è pure in progetto la sistemazione delle sorgive a  Santa Venera al Pozzo, con l’acquisto di nuove aree per la ricerca di altre polle sulfuree.

Auspichiamo che in occasione di tali lavori siano anche restaurate le antiche Terme romane ed eseguiti gli scavi necessari ai fini della valorizzazione della zona archeologica adiacente, che si trova nel più grave e miserevole abbandono.

Le acque, nel 1956, sono state analizzate dal prof. Renato Andrisano, Ordinario di Farmacologia nell’Università di Catania, il quale, nel 1957, ha sottoposto ad analisi anche il fango termale. Altra analisi delle acque è stata eseguita, nei mesi scorsi, dal prof. Mariano Cefalù, Ordinario di Igiene nell’Università di Catania, e dal suo assistente, dott. Sciacca.

Quanto all’incremento sanitario, nel 1954 è stato aperto il reparto otorinolaringoiatrico; nel 1956 hanno avuto inizio con successo le prime sperimentazioni fango-terapiche; nel 1958 è sorto il reparto eudermico; nel 1959 quello ginecologico. Contemporaneamente, si sono sviluppate le attrezzature per le terapie fisiche (forni, stufe, saune, radiazioni, ecc..) mentre il dott. Giovanni Trischitta, attuale direttore sanitario, con le sue magiche cure dietetiche, oltre a ridare linea distintissima alle gentili signore e signorine, ed anche agli uomini, riporta alla salute tanti sofferenti, per i quali sembrava preclusa ogni via alla speranza.

Si pensa adesso anche ad una piscina, alimentata dall’acqua del mare, da servire, insieme con l’acqua solfurea, per la talassoterapia.

Una fucina di benessere! Vi dò in merito qualche cifra di notevole interesse. Nel 1962 furono praticate dalle nostre Terme quarantamila cure a tremila persone. Nel 1970, le cifre si raddoppiavano. Nel 1971 si ebbe un incremento del 10%; ed altro incremento del 10% si è verificato nel 1972.

Un movimento intenso intorno alla nostra città, auspici le Terme.

Vi sono opere che muoiono con l’età che le ha espresse, con gli uomini che – mossi da lucro o da ambizione – hanno dato loro vita: terra che torna alla terra, materia che si rifà materia.

Ma altre ve ne sono, in cui gli uomini hanno posto tutto il loro cuore, che hanno meditato in lunghe veglie, realizzato con duro sacrificio e salutato con occhi velati di commozione, sostenuti, nell’impegno, dal puro desiderio di donare agli altri aiuto, salute, bellezza. Sono queste le opere animate dal soffio dello spirito, che resistono inalterabili al tempo, che possono conoscere decadenza, ma non morte, perchè l’amore che la ha ispirate le ha rese partecipi della sua natura immortale.

Acireale è ritornata ora al centro di interessi rilevanti. “L’acqua è la cosa migliore” – diceva Pindaro. Ma è necessaria fede e dedizione per farla diventare d’oro.

Non abbiamo più – è vero – le magnifiche straniere – tedesche, inglesi, danesi, ecc. – anziane… più che mai dai vestiti estrosi, lunghi fino ai tacchi e dai cappellini di paglia piantati in cima alla testa, con le falde in sù; non le vediamo più aggirarsi con aria trasognata per le vie della nostra città, dispensando, senza volerlo, buon umore! Le ricordo – prima di questa seconda guerra mondiale – quelle simpatiche straniere, insieme con altrettanti piacevoli mariti: secoli di vita in giro! Ora non più quel genere di turisti-termali. Ma altri, e tanti altri. Il vento spira bene per le nostre Terme; le vele sono dispiegate. E questo è merito di tutti e di ciascuno: degli amministratori degli anni passati, che hanno iniziato il lavoro di base; di quelli attuali, che hanno conferito alle Terme progresso e incremento mai raggiunto. Ricordo i nomi dei vari amministratori, commissari e presidenti. Nell’ordine sono: dott. Lorenzo Vigo (11-11-1951 – 25-6-1959), prof. Orazio Condorelli (26-6-1959, 24-1-1961), avv. Gregorio Romeo (25-1-1961 – 25.10-1965), avv. Francesco Grasso Leanza (26-10-1965 in carica). E insieme con quelli degli amministratori è doveroso ricordare anche i nomi dei vari direttori sanitari: prof. Giovanni Petragnani (1-8-1953, 30-11-1965), dott. Martino Scudero (19-1-1966 – 4-12-1968), dott. Giovanni Trischitta (5-1-2-1968 in carico). E inoltre, i vari funzionari ed impiegati delle Terme (la grande silenziosa forza di questa Azienda) e della Regione Siciliana, e gli uomini politici che hanno aiutato il nostro complesso idro-minerale nella sua vigorosa ripresa.

Insieme con tali nomi ricordo quello di Turi Pistarà, che fu il primo e il solo collaboratore del primo Commissario regionale e fece tanto in quel difficile momento di inizio e continua tanto a fare.

Dal 1967, la Rassegna d’arte Acireale Turistico-Termale, ha inaugurato ad Acireale tempi nuovi per l’arte. Forse, nella scelta di temi e di tecniche, la frattura col passato è stata forse troppo brusca (per alcuni, direi, traumatica). Ci attendiamo per il futuro che l’amministrazione delle Terme consenta di equilibrare i quadri della nostra conoscenza.

Auspichiamo parimenti che siano incrementate ad Acireale le attività ricreative. Il cinema è troppo poco. I nostalgici chiederebbero il ritorno delle “operette” dei tempi dei migliori teatri cittadini: il Bellini, l’Eden, l’Eldorado. Noi confidiamo anche nel ritorno della prosa seria ed intelligente in quello della lirica. Confidiamo in definitiva nel progresso, che in questo caso avrebbe il cuore antico; confidiamo nella vita, con l’animo colmo di speranza e di giovinezza, di quella giovinezza che dovremo conservare sempre nello spirito, malgrado gli anni. La morte non ha importanza: conta il modo di morire; e il modo migliore è quello di non morire prima di morire effettivamente. E se le acque di queste Terme potranno darci una mano, l’accetteremo.

Invero, a tenere discorsi non ci tengo affatto. Sto meglio dall’altra parte del tavolo. Mi diverto di più! Ma a ripresentarmi a voi – a tutti voi (e ci dovremo esser tutti!) nel 2093, per il II centenario, a questo sì che ci terrei, perchè – nonostante tutto – in questa vita si sta bene, a contentarsi di poco, come io di pochissimo mi contento. (L’umorismo – asseriva Freud – operando nella sfera dei sentimenti, è un valido mezzo di difesa contro la tristezza!)

Diciamo ora cosa vere. Auspichiamo per le nostre Terme un avvenire sempre più florido; programmazione, incremento delle attrezzature, nuovi reparti, collaborazione con gli istituti universitari, altre indagini sulle acque. Tutto quello che i tecnici, gli specialisti e il buon senso consiglieranno. Ogni giorno sia veramente l’alba di un tempo nuovo.

Le Terme sono nel cuore di Acireale e Acireale è nel cuore di tutti noi. La città, bellissima, sia sempre viva, cresca, progredisca. I Padri l’hanno costruita grano a grano, con fede e con tenacia, come un tempio di arte; i figli non indegni l’hanno accresciuta di pregi e difesa in ogni tempo, in nome dei principi migliori; la Chiesa l’ha sempre tenuta come cittadella inespugnabile e roccaforte di fede; gli istituti di cultura e le scuole l’hanno onorata, elevandone il prestigio. E le Terme Santa Venera – felicemente – ne porti sempre il nome nel mondo come un vessillo di vita che dispiega al sole il messaggio lieto della salute!

 

 

 

 

 

 

 

Lascia un commento