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Terme di Acireale, la privatizzazione infinita


da Sicilia Journal

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Quinta puntata

ACIREALE – Terme di Acireale. Siamo all’atto finale di questa breve inchiesta che ovviamente non può coprire tutti gli aspetti di una vicenda assurda, surreale e allo stesso tempo triste e penosa. Una vicenda tuttora in corso che, abilmente orchestrata da non si sa chi e gestita con superficialità e approssimazione, mortifica un’intera comunità cittadina e il suo territorio circostante.Dal canto loro gli Acesi sono colpevoli di essersi affidati ciecamente alle promesse di una politica che, sul tema del termalismo, si è fin qui dimostrata impreparata, dilettantee troppo remissiva ai dettami della burocrazia regionale che si muove esclusivamente nella logica dell’adempimento e non del risultato, sebbene è proprio sulle performance e non sull’ammontare delle carte che dovrebbe giudicarsi l’operato della dirigenza pubblica.

Abbiamo parlato a lungo del problema della liquidazione che si trascina per le lunghe, ma ilvero nodo è la privatizzazione delle Terme. Di Acireale come quelle di Sciacca, accomunate nel medesimo destino di aver affidato per lungo tempo le sorti del loro sviluppo ad un soggetto pubblico, la Regione, incapace e spendaccione. Le Terme andavano male anche quando andavano bene, nel senso che generavano perdite economiche consistenti ai tempi in cui funzionavano, erogavano prestazioni specialistiche e attiravano un po’ di curandi, curisti e turisti da tutta Italia.Uno studio dell’Università di Catania, accolto in una collettanea della Franco Angeli pubblicata nel 2005, ha dimostrato come dal 1984 al 2003 i ricavi da prestazioni delle Terme di Acireale si sono attestati mediamente intorno al milione e mezzo di euro all’anno per un numero medio di 25.000 pazienti. Se si considera che i costi, per la forte incidenza di quelli del personale, non erano mai inferiori a 4-5 milioni di euro, i conti sono presto fatti. In vent’anni, complice un po’ il declino del mercato delle cure termali,fiumi di milioni di euro sono finiti in perdita per incapacità gestionali, per mancanza di visione strategica, per inerzia nel portare avanti comportamenti aziendali ormai fuori da qualsiasi schema di ragionevolezza. Le Terme erano in buona parte un grande stipendificio per amministrativi ed impiegati; le tenevano in vita soltanto medici e personale specializzato.Quando dal 2006 iniziò ad operare la società di gestione pubblica, con la forma di giuridica di una società di per azioni, tutti i nodi sono venuti subito al pettine. Essendosi trasformate da azienda autonoma a società per azioni, le Terme di Acireale SpAvennero presto assoggettate alle norme di diritto privato. Sono bastati tre esercizi in perdita, con il rinvio ogni anno della perdita all’esercizio successivo e la conseguente diminuzione del patrimonio netto, per avviare le Terme sulla strada della liquidazione. Di quella ci siamo ampiamente occupati, così come abbiamo detto delle responsabilità della dirigenza regionale nel balbettare su questa procedura. Con la politica, soprattutto quella locale,che è stata complice sciocca di questo infelice tentennamento.

Andiamo adesso alla privatizzazione. La legge regionale n.11 del 2010, tuttora vigente, prevede che con una gara ad evidenza pubblica debba essere affidata ai privati la gestione degli stabilimenti idrotermominerali di Acireale e di Sciacca. Per i motivi che abbiamo più volte ricordato, le due procedure di liquidazione e di privatizzazione si sono sovrapposte. A Sciacca hanno provato a forzare lo schema e, una volta completata la valutazione dell’azienda, si è redatto qualche anno fa il bando di privatizzazione per l’affidamento della gestione ai privati, pur nella vigenza della liquidazione della vecchia società. Però per ben due volte la garaè andata deserta. Di conseguenza le Terme di Sciacca, rimaste in mano pubblica e affidate alle cure del liquidatore Carlo Turriciano, lo stesso che è in carica da sette anni, oggi sono chiuse. Ad Acireale la faccenda è sempre stata un po’ più complicata. E’ molto tecnica e arzigogolata e dunque è più facile per la burocrazia disorientare l’opinione pubblicacon dettami vari. Allo stesso modo, la politicacapace solo di proclami non è stata capace di presidiare bene tutti gli aspetti tecnici.Proviamo a riassumere la vicenda per punti.

Il primo aspetto riguarda la valutazione dell’azienda o meglio dei cespiti da mettere in bando. La loro determinazione contabile è complicatissima, perché gli immobili delle Terme di Acireale è come se fossero un “bersaglio mobile”. Quanto valgono non è possibile chiarirlo con esattezza, ma soltantoper approssimazioni successive. Sono un ostacolo serio tutte le pregiudiziali giuridiche in ordine alla piena disponibilità dei beni immobili, a cominciare dall’albergo Excelsior Palace sul quale pende la spada di Damocle persino della vendita all’asta. Andrà inserito o no nel bando fin quando non si risolverà il problema del debito con Unicredit? Sviluppo Italia Sicilia, la partecipata regionale incaricata nel 2012 da Raffaele Lombardo Governatore di procedere alle valutazioni e alla redazione del bando, su questo aspettosi è impantanata completamente, pur producendo un corposo dossier ma solo qualche stima. Adesso anche a Sviluppo Italia Sicilia è toccata la sorte di tante altre partecipate regionali in perdita: è stata messa in liquidazione! E così ritorna il problema della valutazione. Chi se ne dovrà occupare? Ci sono in giro decine e decine di perizie e di valutazioni sulle Terme di Acireale, a cominciare dallo studio “Analisi Aziendale” di Saturnia Service del 2001. Poi quelle realizzate quando l’azienda delle Terme venne trasformata in società per azioni pubblica. Ed ancora quelle effettuate all’atto dell’approvazione del piano industriale che il consiglio di amministrazione di Angiolucci presentò alla Regione. Infine, ci stanno le valutazioni di Sviluppo Italia Sicilia. Ad ogni perizia conseguono spese per i professionisti incaricati di effettuarla, ovviamente con quattrini pubblici. Tuttavia, quanto valgono le Terme di Acireale, a parte le informazioni desumibili dai bilanci (fermi all’approvazione del 2014!) non è dato sapere e conoscere.Il bilancio però non è una rappresentazione fedele dell’esistente. Anche gli studenti degli istituti tecnici superiori sanno che i valori in bilancio degli immobili sono diversi da quelli commerciali (sul mercato) e da quelli di realizzo (nell’ipotesi di scioglimento della società).

Il secondo punto riguarda il contenuto del bando di privatizzazione. Cosa dovrà essere messo dentro il bando è il problema dei problemi. E non si tratta solo di una questione giuridica. Ci sono diversi interrogativi da risolvere. Bisognerà includere tutti i cespiti immobiliari o solo alcuni? Con i relativi diritti di usufrutto (la concessione delle acque per gli stabilimenti termali) e per quanto tempo? Con quali margini di manovra imprenditoriale per il potenziale investitore?Ad esempio quest’ultimo potrà riconvertire l’offerta termalisticaverso il benessere in alcune strutture? Cosa potrà fare del Parco? Quali obblighi saranno a carico dell’investitore privato?Dovrà presentare un business plan oppure no? E chi valuterà questo business plan? Ad esempio dovrà procedere ad effettuare investimenti nella miglioria degli impianti termalistici e delle relative attrezzature? Dovrà occuparsi di ripristinare tutti gli impianti elettrici dopo gli atti di vandalismo sui cavi di rame? Idem per lecamere e i servizi igienici dell’albergo Excelsior Palace che sono stati vandalizzati? A quanto dovrebbe ammontare il canone di gestione annuo, al netto degli eventuali interventi di ristrutturazione a carico del privato? E così via, l’elenco di domande potrebbe proseguire. Di questo problema dei problemi non si è mai parlato. La burocrazia regionale lo conosce benema non se ne vuole occupare perché sa che è un tema scottante; la politica minimizza con grande disinvoltura, forse non ha capito la gravità della questione. In Italia, le privatizzazioni sono da sempre un tema caldo. Su di esse aleggia il rischio di speculazioni dei privati; ma se la politica e la burocrazia non hanno le idee chiare, tale probabilità aumenta. E i privati aspettano alla finestra per compiere eventuali incursioni.

Il terzo punto riguarda la responsabilità formale nella redazione del bando. Ai tempi di Lombardo, l’assessore all’Economia in carica Gaetano Armao aveva previsto un’ ambiziosa e costosaprocedura che stabiliva l’individuazione, con bando pubblico, di un primario advisor internazionale con il compito di redigere il bando di privatizzazione delle Terme di Sciacca e di Acireale, a sua volta bando pubblico, per selezionare infine le eventuali offerte provenienti da investitori privati, anche internazionali. Raffaele Lombardo Governatore esautorò subito Armaoe, nonostante il disappunto di Nicola D’Agostino che allora faceva parte del suo entourage, stabilì di avocare alla Presidenza della Regione l’intera questione. Decise che alla stesura del bando di gara e alle preliminari valutazioni aziendali avrebbe dovuto lavorare Sviluppo Italia Sicilia che, investita del difficile compito e alla fine di un difficile lavoro di perizie, produsse unitamente ad una consistente analisi sullo stato dell’arte soltanto alcune schede di valutazione dei cespiti e una bozza di massima del bando. Oggi però Sviluppo Italia Sicilia è in via di liquidazione e si torna a parlare con insistenza del bando, dopo che ai tempi di Bosco prima e di Todaro poi i liquidatori delle Terme di Acireale avevano chiesto ma non ottenuto dalla Regione che potessero essere loro ad occuparsi della redazione del bando. L’ultima novità in ordine di tempo è che- in base alla legge regionale n. 20 del 2016, quella che ha stanziato 19 milioni di euro per “salvare” le Terme di Acireale e di Sciacca – è previsto che della redazione del bando si possano occupare i Comuni nel cui territorio insistono le Terme, e dunque le municipalità locali. I Sindaci hanno espresso soddisfazione per tale norma, ma con quali competenze e con quale aggravio di costi non è dato sapere né immaginare chi si occuperà di questo compito. Il bando dunque rimane una questione fantasma.

Il quarto ed ultimo punto è inerente la partecipazione di eventuali investitori privati al bando, una volta che verrà pubblicato. Su questo tema nel corso degli anni si sono scatenate le più fervide fantasie di giornalisti tifosi, di politici chiacchieroni e di cittadini inconsapevoli. E pure di qualche furbastro. Si è perfino detto ripetutamente che i nuovi proprietari del complesso alberghiero della Perla Jonica potrebbero trovare conveniente investire nelle Terme di Acireale e sono interessati. Può anche darsi, ma la legge stabilisce che c’è un bando ed è a quest’ultimo che chiunque abbia un interesse sulle Terme acesi deve riferirsi. In Sicilia, le modalità con cui si privatizzano le società pubbliche sono state disciplinate da uno studio del giurista Stagno D’Alcontres che la Regione a suo tempo recepì. La gara ad evidenza pubblica è una di queste modalità, la più trasparente. Ci sta poi la questione della pubblicità del bando che, affinchè sia efficace, deve essere veicolato nei circuiti giusti, ad esempio in Federterme (aderente a Confindustria) o nella neonata Federalberghi Terme (aderente a Confcommercio), ma alla Regione è da tempo che non dialogano più con queste associazioni di categoria. Oppure, e torniamo all’originaria idea di Armao quando era assessore all’Economia ai tempi di Lombardo, ci vorrebbe un advisor inserito negli ambienti che contano del termalismo internazionale,abile ad attivare l’interesse di alcuni potenti investitori stranieri che siano capaci di vedere oltre lo stato delle cose. Acireale ha grandi potenzialità inespresse, ma non è più tempo dei Pennisi di Floristella che, investendo nel termalismo, intuirono la grande forza attrattiva del territorio.

Il termalismo, tra l’altro, si interseca col turismo poichè, al di là delle cure e delle prestazioni specialistiche, è una componente dell’offerta turistica globale.Alla Regione giace da qualche parte, negli uffici dell’Assessorato alle Attività Produttive, il faldone relativo al Distretto produttivo del termalismo di cui si occupò la professoressa Margherita Ferro, liquidatore delle Terme di Acireale ai tempi del Governatore Lombardo che la sponsorizzava. A distanza di anni e con ben altro scenario politico,l’on. Anthony Barbagallo, attuale assessore regionale al turismo, è stato chiaro. Anche la Sicilia dovrà essere apprezzata per le Terme, sia pubbliche che private. Il convincimento del giovane assessore è avallato da alcuni provvedimenti legislativi da lui fortemente sollecitati. La legge n. 20 del 29 settembre 2016, quella di salvataggio di Acireale e Sciacca, rinvia al turismo termale. Anche l’art.12 della bozza di legge finanziaria, attualmente in discussione all’ARS, è interamente dedicato al turismo termale e suggerisce il recepimento della legge quadro nazionale la n.323 del 2000, come da sempre ha auspicato l’on.Concetta Raia.

Staremo a vedere cosa succederà. Allo stato dei fatti le Terme di Acireale sono come una vecchia nobile decaduta. Un tempo era bella, attraente e corteggiata, per quanto costosa da mantenere; oggi invece è dimenticata, invecchiata e malandata. Ha bisogno di una portentosa cura di bellezza per tornare ai fasti del passato, ma forse non ci tornerà mai più e sarà costretta ad accettare l’aiuto di qualche investitore spregiudicato che magari si approprierà del nome e del blasone per fare delle ex Terme di Acireale ciò che gli pare e piace. E dovranno dirgli pure grazie, dato che, per colpa della politica, quanto meno le avrà salvate da ulteriore decadimento. E dall’oblio.

Saro Faraci

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