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Sulla vicenda Terme, i cinque candidati a Sindaco di Acireale rimangono tiepidi e attendisti.


Articolo pubblicato sul quotidiano Sicilia Network

Saro Faraci

ACIREALE – Terme di Acireale. In campagna elettorale prima o poi se ne sarebbe dovuto parlare pubblicamente. E così è stato, in occasione dell’incontro promosso dal Vescovo mons. Raspanti con i cinque candidati a Sindaco, svoltosi mercoledì scorso alla Parrocchia San Paolo (nella foto in basso, un momento del confronto pubblico). Una delle domande rivolte dal moderatore Mario Agostino ai candidati riguardava proprio le Terme, unitamente al Carnevale. Cosa potrebbe fare il nuovo Sindaco di Acireale per affrontare la questione?

Al di là della differenza di posizioni, alcuni più nostalgicamente legati ad un passato che non ci sarà più, altri più proiettati ad immaginare Acireale come città termale e del benessere, i candidati – Stefano Alì, Giusi Brischetto, Michele Di Re, Rito Greco e Nino Nicotra – sono stati abbastanza vaghi sul tema, senza grande entusiasmo, evidentemente riservandosi di approfondire la questione non appena uno di loro sarà eletto Sindaco della città.

Nessun riferimento ai numeri ad esempio. Dal 2006, da quando le Terme sono state trasformate in una società per azioni a capitale pubblico, si sono accumulate perdite per 14.581.522 euro e il patrimonio è diminuito in valore fino a 857.563 euro, quando originariamente era di oltre 35.000.000 di euro. D’accordo, la perdita è delle casse regionali non di quelle acesi, ma è come se in una decina d’anni si fossero bruciati ad Acireale trentaquattro milioni di euro, una cifra spaventosa!

Nessun riferimento alle eventuali azioni a supporto che un Consiglio Comunale e una Giunta potrebbero attivare al fine di preservare e “blindare” l’originaria destinazione turistica dell’area termale nell’ambito del piano regolatore generale, in modo da evitare pericolose varianti magari sollecitate proprio dai nuovi investitori privati.

Nessun riferimento all’ultimo episodio in ordine temporale che rischia di far naufragare definitivamente il termalismo ad Acireale, ovvero la vendita all’asta di quei due immobili  – il centro polifunzionale e l’ex albergo Excelsior Palace – per i quali la Regione, prima col governo Crocetta e adesso col governo Musumeci, ha stanziato una ragguardevole somma – cioè la maggior parte di quei 18.900 milioni di euro previsti nell’art. 2 della legge regionale 29/9/2016 n.20 – al fine di contribuire, è così scritto nella legge, a «portare progressivamente ad unità i complessi termali di Sciacca e Acireale». Al primo round dell’asta, non c’è stata alcuna offerta per i due immobili e adesso il valore di assegnazione è sceso ulteriormente, come ha documentato questo quotidiano. E se al prossimo giro, albergo e centro polifunzionale venissero assegnati a privati, che garanzia avrebbe la città di Acireale che i nuovi proprietari degli immobili non ne facciano un uso diverso da quello finora ipotizzato e legato  al rilancio del termalismo?

Nessun riferimento all’azione svolta dal 2011 ad oggi, e sono passati dunque ben sette anni dalla sua attivazione, dal Forum permanente per le Terme di Acireale, una meritevole iniziativa sociale di sensibilizzazione dell’opinione pubblica promossa dal Lions Club che tiene accesi costantemente i fari sulle Terme, esercitando una originale forma di “controllo sociale” anche attraverso i media, i social, e i dibattiti pubblici, attività tutte documentate sul loro sito web.

Nessun riferimento al recente timido tentativo operato dalla città di Acireale, attraverso il Consiglio Comunale appena scaduto, di riappropriarsi del tema per mezzo del contributo dei suoi consiglieri comunali. Come se al civico consesso, che invece ha dedicato ben due sedute sull’argomento, non se ne fosse mai parlato. In una di queste sedute, era l’11 dicembre del 2015, si provò a fare il punto della situazione in un momento in cui a Palermo stavano maturando scelte importanti. E quella seduta fu parecchio “agitata”.

Nessun riferimento ancora ad una iniziativa, anche simbolica, di preservare la memoria storica del termalismo di Acireale promuovendo – come ha chiesto pubblicamente il Lions Club – un museo, una stanza dei ricordi, uno spazio espositivo permanente che possa dare un senso della presenza delle Terme di Acireale dal 1873, anno in cui vennero inaugurati gli stabilimenti termali dal fondatore barone Agostino Pennisi di Floristella, fino ai giorni d’oggi quando chiudendo i battenti sono rimasti soltanto immobili lasciati incustoditi ed oggetto di continui atti vandalici. Nel frattempo il Parco delle Terme, come documenta la foto di copertina da noi scattata qualche giorno fa, è chiuso e nessuno dei candidati è finora intervenuto nel cuore della questione, ovvero che se prima non si definirà il contenzioso del Comune di Acireale con la sua partecipata SOGIP, ogni promessa di manutenzione da parte di quest’ultima sarà appunto solo una promessa.

Nessun riferimento a tutto ciò, se non genericamente al fatto che la questione rimane di competenza esclusiva della Regione Siciliana e che semmai è a Palermo che va fatta valere un’azione più incisiva, magari sui potenti burocrati dell’assessorato di via Notarbartolo. Un’azione che fino ad ora è mancata, se è vero che, pur accelerando la liquidazione della società di gestione Terme di Acireale SpA, a Palermo non è stata fatta nessuna azione amministrativa regionale a tutela del patrimonio immobiliare ormai vandalizzato e depauperato. Il Presidente Nello Musumeciè informato della vicenda e pare che abbia avviato un’attività di ricognizione interna agli uffici, ma adesso anche il Governatore ha altre priorità. Si spera che del problema si possa occupare con più attenzione anche il neo assessore all’Economia Gaetano Armao.

Insomma, sulla questione Terme è come i cinque candidati a Sindaco l’altro giorno se ne siano “lavate” le mani. Con un po’ di quella residua acqua termale che rimane ancora disponibile nelle condutture che dalla sorgente originaria delle Terme di Santa Venera al Pozzo, in territorio di Acicatena, trasportano l’acqua fino agli stabilimenti di Acireale. A proposito, nessuno di loro ha fatto riferimento ad una possibile e virtuosa collaborazione col vicino “rivale” comune catenoto per sviluppare insieme un’azione sinergica di rilancio dell’intero comprensorio, un tempo ricchissimo di acqua, e oggi miseramente ridotto, tra Acicatena ed Acireale, ad un insieme di ruderi che si fa pure fatica a far riconoscere alla Regione come un’area archeologica di grandissimo valore storico e funzionale a nuove progettualità di marketing territoriale. Immaginiamo che il Sindaco di Acicatena Nello Oliveri non sia affatto contrario ad una sinergia tra i due comuni.

D’accordo, potranno obiettare i Candidati. Ma con pochi minuti a disposizione, e per giunta all’interno di una domanda rivolta dal giornalista su Carnevale e Terme insieme, non c’è stato tempo a sufficienza per sviluppare un ragionamento così articolato. Ma il problema è proprio questo. Non c’è stato in questi anni mai tempo per approfondire la questione del termalismo. Nè Nino Garozzo nè Roberto Barbagallo, i due sindaci degli ultimi quindici anni ad Acireale, si sono mai intestati il problema con determinazione, forza e coraggio, parlandone apertamente alla città. Troppo blandi entrambi, il primo troppo remissivo e ossequioso nei confronti della Regione, il secondo invece fin troppo fiducioso nell’operato dei deputati regionali e forse un po’ fantasioso  sull’ipotesi di riportare i beni delle Terme sotto la guida dell’amministrazione cittadina.

Ed è proprio il tema Terme quello sul quale si è consumata una delle pagine più brutte della storia di Acireale. Negli ultimi venti anni rappresentanza politica regionale, politica cittadina, società civile nelle sue diverse articolazioni e mondo economico-produttivo sono rimasti distanti, non hanno mai dialogato, non hanno mai avviato un’azione sinergica capace di far pressing sulla Regione. A Sciacca, invece, ci hanno provato e qualche piccolo risultato lo hanno portato a casa. Ad Acireale, invece no. Non è un caso che a Sciacca, vuoi o non vuoi, gli assessori regionali all’Economia li hanno invitati e qualcuno c’è pure andato; ad Acireale mai nessuno, eccetto la inopportuna “passerella” dell’ex assessore Alessandro Baccei in occasione dell’ultima campagna elettorale per le regionali.

Si è sempre detto “le Terme sono di competenza della Regione”, come se la Regione fosse un’entità inanimata, un apparato amministrativo di carte senza politici e burocrati dietro, coi quali provare a discutere, a litigare se del caso, ma comunque con i quali tentare di impostare prima che sia troppo tardi un serio discorso, carte alla mano, a tutela di uno beni più importanti di Acireale, seppur ancora di proprietà regionale.

Sembrerà paradossale, ma proprio col disimpegno collettivo sul tema delle Terme è iniziato il declino politico di Acireale degli ultimi quindici-vent’anni. Non è catastrofico ciò che diciamo, è purtroppo l’amara verità. Non c’è stata più alcuna rappresentatività in ambito regionale, non c’è stato alcun peso a livello decisionale, non c’è stata più alcuna incidenza sul sistema decisionale pubblico. Acireale forse verrà spogliata definitivamente delle Terme, la Zelantea sarà lasciata probabilmente senza più una risorsa, sul complesso della Perla Jonica qualcuno decide di fare e disfare lontano ad Acireale, e così via. Sulle “risorse strategiche per il territorio” è serissimo il rischio che Acireale nei prossimi anni sarà etero-diretta in alcune scelte importanti che interessano il suo territorio. E ciò nonostante tutto l’impegno e tutta la buona volontà del futuro Sindaco della città. Eppure su questi temi si sorvola, come se in campagna elettorale fosse maleducato parlarne per non turbare i sonni di tranquilli di un elettorato che aspetta solo gli esiti della competizione alle amministrative per salire velocemente sul carro del vincitore.

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